Dietro il velo, sorelle di secondo grado
Un viaggio senza frontiere, senza passaporto, senza biglietto, avvolto da quel mistero che il velo trascina con sè e che copre ma al tempo stesso lascia scoperte verità. Domande a cui faccio fatica a rispondere e risposte che invece vengono a galla facilmente.
Siamo sorelle di secondo grado, mi raccontano, ed io non sono abituata a sentirmi dire questo, chi è una sorella di secondo grado mi chiedo? Mi guardano stupite bisbigliando qualcosa in arabo, come se fosse scontato, lecito. Una sorella di secondo grado, mi spiegano, ha un legame incrociato che riguarda le proprie madri: ciascuna delle figlie è allattata dalla madre dell’altra; in Italia, questo? Impensabile se ci sono madri che si rifiutano di allattare preferendo il latte artificiale. Resto basita dalla notizia ma non mi soffermo e le osservo: sono sempre insieme e cercano di aiutarsi con la lingua che hanno dovuto frettolosamente apprendere. Pensare che un italiano dopo 10 anni di scuola obbligatoria fa ancora fatica con la lingua, loro concentrano questi 10 anni in qualche mese: è ammirevole.
Siamo su un divano con Tasmin e Yasmin, sorelle e mancate gemelle per una consonante, raccontano del momento in cui scelgono di mettere il velo: Tasmin porta il velo mentre di Yasmin vedo i capelli raccolti con un elastico, mi chiedo con un solo anno di differenza tra le due perché una si e l’altra no. Siamo sedute e mi raccontano della loro scelta di indossare il velo, così chiedo a Yasmin perché ha scelto di non indossarlo e mi risponde “è una scelta importante, se decido di indossarlo non potrò più tirarmi indietro”; il credo che spinge a rifiutare un dolce al cioccolato solo perché aromatizzato con alcol, il credo che spinge a incorniciarsi il volto, lo stesso credo che ti mette a digiuno per un mese.
Mi chiedono “ come si chiama il vostro Dio”: con un nome diverso ma il significato è lo stesso, come lo spiego un sinonimo?
Pia